Dr. Diego Verona
Sono Diego Verona e se sei finito sulla mia pagina prima di tutto permettimi di presentarmi.
Questa pagina non è un CV, ma è una storia che inizia da un bambino molto curioso e molto ingestibile. Ogni affarino tecnologico catalizzava la mia attenzione. Dovevo smontarlo, scomporlo, scoprirne i misteri.
Erano scatole magiche e tremendamente affascinanti per me. Mentre i miei coetanei passavano le ore sul game boy io smontavo tostapane, lampadari, frullatori, il cordless di nonna.
Tutto questo mi costò il soprannome di “Attila combina guai”.
Poi un giorno il telefono di nonna cominciò a suonare ancora e da lì sentii che qualcosa era cambiato.
Nei miei undici anni mi sentivo un supereroe e in famiglia non ero più Attila, ero diventato l’aggiusta-tutto a cui si rivolgevano quando qualcosa non funzionava.
A un certo punto però aggiustare non mi bastava più. Volevo qualcosa di più emozionante, più difficile, una sfida che mi mettesse alla prova.
Scoprii che la mia vocazione era creare cose nuove.
Qui potete vedere il mio primo prototipo composto da ventole da PC, un lettore CD, il fanalino posteriore del Piaggio Ciao, una freccia laterale di un Piaggio Energy, un lampadario a piantana e alcuni deviatori dell’impianto elettrico di casa. Il tutto corredato da uno schema elettrico disegnato di mio pugno.
Quindi a casa mi divertivo parecchio: si giocava a fare i meccanici smontando i motorini fino alle singole viti, ci si improvvisava elettricisti ed elettronici riparando dispositivi ormai assegnati alla discarica e ci si ingegnava con un vecchio PC perennemente rotto collegato ad una linea dati estremamente lenta. Questi erano i miei giochi, le mie passioni.
E tutto questo chiaramente rubava il tempo allo studio e alla scuola.
Alle scuole medie ho fatto l’indirizzo musicale (flauto traverso) e ricordo che il professor Tecchiati si arrabbiava sempre per le mie dita non troppo pulite, ma vi assicuro che se lavorate con pezzi di motore e non usate i guanti, ci sono delle parti che è assolutamente impossibile pulire bene.
Quindi alla fine del mio percorso mi hanno consigliato di andare in un istituto professionale dove potevo sfruttare a pieno le mie capacità manuali, ma a soli due mesi dall’inizio della scuola ho capito che la sfida non era abbastanza per me e volevo qualcosa che mi avesse dato più filo da torcere.
Quindi a metà del primo anno delle superiori sono passato all’istituto tecnico industriale “A. Rossi” di Vicenza.
Se non sei del posto devi sapere che questa scuola è ritenuta una delle più valide e difficili di Vicenza, forse per tenere alto l’orgoglio di aver visto personaggi come Federico Faggin (inventore del microprocessore) e di altri grossi industriali a livello mondiale, vi posso assicurare che sono stati anni davvero tosti.
Ho scelto l’indirizzo elettronica e telecomunicazioni con la specializzazione di robotica.
Negli ultimi due anni mi sono proposto e ho fatto parte del team di Robocup JR, una competizione a livello internazionale sulla robotica dove ci si sfida in diverse competizioni.
Al primo anno di partecipazione siamo arrivati primi a livello nazionale, cosa che mi ha riempito di orgoglio.
Il mio saluto a questa grande scuola l’ho fatto con la tesi per l’esame di maturità dove insieme ad un mio amico abbiamo sviluppato un robottino che con dei sensori di prossimità, di luce e di colore che riusciva a scansionare l’area e prelevare delle lattine (3x), caricarle e depositarle in un’area prestabilite.
Ho speso passione, festività e ore di sonno.
All’università mi sono trasferito a Trento, bellissima città dove ho vissuto per 5 anni.
La triennale in informatica è letteralmente volata via e mi sono buttato a capofitto nella magistrale sempre in informatica, scegliendo la specializzazione in “Service design and engineering”.
I corsi erano tutti in inglese e i crediti con esami a scelta ho preferito diversificarli in diverse facoltà: economia, giurisprudenza e sociologia.
Fuori dall’università ho partecipato a diversi eventi di start-up che mi hanno fatto capire com’era il mondo dell’imprenditoria e cosa volevo davvero.
Ancora prima di finire gli studi mi sono messo alla ricerca di un’azienda dove potermi inserire e inaspettata arrivò una proposta da un’azienda in Silicon Valley, vicino alla sede principale di Google, Microsoft, Apple, HP e altri attori principali a livello mondiale di informatica a livello mondiale
Ero entusiasta di partire oltre oceano, mi sembrava un sogno. Il ragazzino curioso di provincia che va in America.
Era tutto perfetto e meraviglioso ma come saprai la vita non è facile come nei film.
Lo dirò senza imbarazzo, ero follemente innamorato. Un amore di quelli che ti fanno diventare scemo.
Fatto sta che mi sono trovato sospeso, col fiato azzerato. Volevo andare in America con lei, portarla lì e vivere il sogno insieme.
Ma fra me e la Silicon Valley si contrappose una scelta davvero difficile.
Carriera o amore? Non c’erano figli, casa, mutui o quant’altro. Oltre oceano c’erano tante possibilità per me, ma nessuna per lei.
Ho fatto ciò che ritenevo giusto. Anche se significava sacrificare me stesso.
Così mi sono dato da fare e ho trovato un’opportunità davvero valida in CZ Elettronica, un’azienda dalle medie dimensioni dove chi ha volontà, capacità e spirito di iniziativa trova spazio in più campi.
Era vicino casa e mi permetteva di stare con lei. Poi l’inevitabile: le dinamiche cambiano, le persone cambiano.
La fine di quella lunga storia ha messo in discussione tante cose di me, anche dei miei interessi lavorativi.
Ad esempio i sistemi di visione nelle automazioni industriali. Sono dell’idea che sono e saranno sempre più importanti durante le fasi di produzione industriale, che una linea produttiva ad alte prestazioni non può permettersi di creare un prodotto fuori tolleranza, sprecare tempo e risorse per un normale problema di processo.
E quindi tutto è nato da un’intuizione: ho analizzato il mercato già esistente e le soluzioni proposte, ho visto i punti di forza e i limiti, ho capito quanto importante sia un’analisi e uno studio di fattibilità ben argomentato prima di avventurarsi in soluzioni approssimative. Perché in questo campo è fondamentale un hardware adeguato, ma la disposizione, la configurazione e l’algoritmo poi che genera i risultati sono dei vestiti che vanno minuziosamente calibrati e fatti ad-hoc.
Non è difficile capire perché un’azienda che già fa automazione non vuole addentrarsi nello sviluppo di sistemi così complessi, perché per un’azienda non sia facile aprire una branca separata lasciando il completo know-how ad una singola persona, perché quella situazione è diventata troppo stretta.
Credo che sia proprio questa sfida ad avermi portato fin qui: mi piacciono le cose che funzionano, fatte bene e che diano i risultati che solo in pochi altri ti sanno dare.
Nel 2019 PVision nasce quindi dall’idea di proporre soluzioni che non solo si accontentano di funzionare, ma di eccellere in un settore così delicato e in continua evoluzione come l’informatica.
Certo, il primo anno di fondazione e già si incorre in una pandemia globale, una sfida che al passare del tempo è risultata molto più impegnativa del previsto e che ha fatto vacillare anche gli spiriti imprenditoriali più convinti. Ma ormai ero sceso in campo e la determinazione ha avuto il sopravvento, con non poca fatica e costanza ho affrontato sfida dopo sfida e ho sempre cercato un motivo in più di crescita. Sono fiero di condividere che anche nei momenti più duri durante i periodi di lockdown ho mantenuto un approccio sociale ai miei servizi donando una percentuale dei miei introiti alla protezione civile. Oltre all’ambito professionale mi sono dedicato con cuore e anima al volontariato, una passione e uno stile di vita che ha sempre fatto parte del mio essere fin da piccolo.
Anno dopo anno, mese dopo mese una continua ricerca di crescita, ed è così ho ripreso gli studi e nel gennaio 2023 ho finalmente ottenuto l’abilitazione professionale, acquisendo di fatto anche il titolo di Ingegnere dell’informazione (sez. A). Per me non è solo un titolo, ma la concreta volontà di continuare a rimanere aggiornato e affrontare nuove sfide con la stessa energia e determinazione del primo giorno.
Tanti successi ma anche alcune sconfitte, è necessario avere un sogno da seguire ma bisogna anche capire quando è il momento di smussare gli angoli, guardare una situazione da una nuova prospettiva, adattarsi alle richieste di mercato con le nuove esigenze più impellenti. Ed così che il business core si è spostato più nello sviluppo e nell’assistenza di PLC, SCADA ed HMI. Mi sono reso conto che riesco ad essere verticale rispetto ad un progetto, che c’è sempre più bisogno di una consulenza e supporto a 360°.
Capire e conoscere un processo, avere l’intuizione e la volontà di dedicarsi come se fosse il proprio progetto personale, lavorare ma pur sempre mantenendo la curiosità e la gioia del primo giorno. Saper riconoscere i requisiti e discuterne con il cliente finale facendo sì che si riesca a fare un WIN-WIN sia per il cliente finale ma soprattutto per l’azienda che si propone e richiede a PVision lo sviluppo e la consulenza. Mantenere PASSIONE, TECNICA e DEDIZIONE.
E per il futuro? Sviluppare un prodotto mio? Collaborare in senso più stretto con le migliori aziende? Ampliare le possibilità cercando altri tecnici appassionati? Cos’altro? Forse la risposta si trova in tutte queste domande, contattami per scoprirle insieme!
A presto e buon lavoro,
Ing. Diego Verona